Iniziamo a fantasticare sui nostri figli appena vediamo il test di gravidanza positivo.
Al crescere della pancia cresce anche il bambino immaginario: quello che tende alla perfezione, quello che ci renderà orgogliosi, che riuscirà dove noi abbiamo fallito e supererà i nostri limiti. Un figlio immaginario che ci somiglierà in modo esponenziale.
Poi, quando arriva il bambino reale, è sempre un po’ diverso da come avevamo immaginato.
Piange.
Fa come gli pare.
Ci getta nell’imprevisto.
Non avere aspettative su un figlio è impossibile. Per chiunque.
E’ però possibile ridimensionarle.
Riuscire a capire quando ciò che chiediamo a nostri figli è più per noi stessi che per loro, e riuscire a scalare marcia e cambiare strada, quando loro ne hanno bisogno.
Durante i nove mesi non solo pensiamo a nostro figlio, ma pensiamo anche a come saremo noi, come genitori.
Mentre la pancia è abitata abbiamo le idee chiare su tutto: sappiamo già come ci comporteremo dalla nascita alla maggiore età.
Siamo certi che non ripeteremo gli errori dei nostri genitori.
Sappiamo con certezza che genitore vorremmo essere.
Poi il bambino nasce e i genitori devono misurarsi con una variabile che non avevano considerato.
LA PERSONALITÀ DEI FIGLI
Perché nonostante questi bambini siano sangue del nostro sangue e siano stati nella nostra pancia per nove mesi, non hanno rispetto alcuno per i progetti che avevamo fatto per loro.
Hanno fame di vita, ma soprattutto hanno voglia di viverla in prima persona, da subito.
E noi genitori, ci ritroviamo a dire quelle odiosissime cose che dicevano i nostri genitori, a stravolgere tutti i nostri programmi e soprattutto a ridimensionare le nostre aspettative.
Se si è disposti a mettersi in discussione, i figli aiutano a crescere, e a diventare genitore.
Ma solo se si è disposti ad imparare.
Ph. Marco Maltoni
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In collaborazione con Chicco