Credits: Diana Es

Dieci anni fa stavo con un ragazzo e lui mi aveva dato un ultimatum, stanco della relazione a distanza: “o vieni a vivere con me a Milano o ci lasciamo”.

Ai tempi ero una talebana dell’indipendenza femminile e pensavo che mai un trasferimento si sceglie per amore.
Nella mia città stavo bene, lavoravo, avevo le mie amicizie e le mie abitudini.
Perché dovevo lasciare tutto?
Qualsiasi ragionamento logico propendeva per restare, ne ero convinta, talmente convinta che alla fine mi sono trasferita a casa sua.
La relazione dopo qualche anno è finita, ma io nel frattempo avevo un nuovo lavoro, nuovi amici e nuove abitudini.

Credits: Diana Es

Poi, sempre a Milano, dopo un anno e in un pomeriggio di noia, in Brera, sono arrivata ad un appuntamento con quarantacinque minuti di ritardo.

Quarantacinque.
Dovevo prendere un caffè con un ragazzo che avevo conosciuto in vacanza: Martin.
credits: Diana Es

In quel periodo avevo la testa occupata da una relazione burrascosa e con quel caffè speravo solo di occupare un pomeriggio libero.
Ricordo lo scazzo e il ritardo con cui mi sono presentata, non ricordo nulla di ciò che ci siamo detti, ma ricordo che lo guardavo incantata.
E che quando ci siamo salutati lo volevo rivedere.

Mentre tentavo di modificare il destino, di far andare le cose in un certo modo, senza che ancora lo sapessi, si aprivano improvvisamente strade nuove.

Tutto questo per dire che presto lascerò tutto ciò che ho costruito – un’altra volta – e proprio come dieci anni fa sono un po’ contenta, ma ho anche un po’ paura.

Lasciar andare il passato, accogliere il futuro e aprire la mente al cambiamento.
Dovrei essere abituata e invece è sempre come se fosse la prima volta.